Pillola a cura dell'Avvocato Silvia Amplo on line
Con la risposta ad interpello n. 22 del 07.02.2025, l’Agenzia delle Entrate, fornendo chiarimenti al quesito di una contribuente, specifica che per i lavoratori autonomi impatriati vale anche il lavoro svolto all’estero alle dipendenze della stessa azienda.
L’Agenzia ripercorre brevemente i tratti salienti del nuovo regime impatriati di cui all’art. 5 d.lgs. n. 209/2023 che si applica ai contribuenti che trasferiscono la residenza in Italia dal periodo di imposta 2024 e che riguarda solamente i redditi indicati dalla legge che entro il limite annuo di 600.000,00 euro concorrono a formare il reddito complessivo limitatamente al 50% del loro ammontare, anche nel caso in cui il trasferimento della residenza fiscale sia avvenuto nel corso del periodo di imposta.
La base imponibile si riduce al 40% in caso di:
i) trasferimento in Italia del lavoratore con il figlio minore residente nel territorio italiano;
ii) nascita di un figlio o adozione di un minore residente nel territorio italiano durante il periodo di fruizione del nuovo regime.
Nella risposta ad interpello in esame, l’Agenzia evidenzia che il nuovo regime si applica anche nel caso in cui il lavoratore si trasferisca in Italia per prestare attività lavorativa per lo stesso soggetto presso cui lavorava all'estero in precedenza, oppure in favore di un soggetto comunque appartenente allo stesso gruppo, ma non con un contratto di lavoro dipendente bensì iniziando un'attività di lavoro autonomo.
In tal caso, la norma prevede l'allungamento del periodo minimo di pregressa permanenza all'estero, che aumenta da 3 a 6 o 7 anni, quando, al rientro in Italia, il contribuente presti attività di lavoro per lo stesso soggetto per il quale lavorava all'estero.
Ciò significa allora che in questo caso il contribuente può beneficiare del nuovo regime agevolativo a decorrere dal periodo di imposta di rientro in Italia e per i 4 successivi, tenuto conto la dichiarazione di residenza all'estero per almeno 6 anni.