Pillola a cura della Dottoressa Valentina Lupi
La scissione mediante scorporo, introdotta dall’art. 2506 c.c., è l’operazione con la quale una società assegna una parte del suo patrimonio a una o più società di nuova costituzione e a sé stessa le relative azioni o quote, continuando la propria attività.
Tra i numerosi dubbi legati all'interpretazione di tale normativa si segnala l'incertezza sul significato da attribuire all'inciso che prevede che la scissa assegni parte del suo patrimonio alla beneficiaria "continuando la propria attività".
Sul punto, il Consiglio nazionale del Notariato (Studio n.45-2023/I) e il Consiglio notarile di Milano (massima n. 209/2023), attenendosi al significato letterale della norma, sostengono che la società scissa non deve estinguersi all'esito dell'operazione. Altra parte della dottrina sostiene, inoltre, che la norma in oggetto preclude alla scissa la possibilità di mutare il suo oggetto sociale, per esempio, passando da società operativa ad una holding pura di gestione delle partecipazioni nella beneficiaria.
Laddove si ritenesse ammissibile una scissione con scorporo con cambiamento dell'oggetto sociale della scissa, si porrebbe poi il problema del diritto di recesso del socio dissenziente.
L'art. 2506-ter, ultimo comma c.c., infatti, prevede che in caso di scissione mediante scorporo non si applichi il diritto di recesso di cui agli artt. 2473 e 2502 c.c.. Tuttavia, nel caso di S.r.l. l'art. 2473, comma 1 c.c. riconosce il diritto di recesso non solo nell'ipotesi della scissione, ma anche quando sia compiuta un'operazione che determini un mutamento "sostanziale" dell'oggetto sociale.