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Pillola n. 180 del 13 settembre 2022

Con sentenza n. 22351/2022, la Suprema Corte ha affermato che “in caso di cessazione dalla carica di amministratore per messa in liquidazione della società non sono dovuti i danni per revoca senza giusta causa, atteso che la nomina dei liquidatori non dà luogo ad una revoca (tacita o implicita) riconducibile al disposto dell'art. 2383, comma 3, c.c., venendo meno l'organo gestorio e la continuità dell'amministrazione”.

In caso di nomina dei liquidatori (e della successiva pubblicità della delibera: art. 2487 bis c.c., comma 3), infatti, non si assiste alla semplice rimozione dei titolari della carica, con continuità della gestione imprenditoriale (come accade nell'ipotesi regolata dall'art. 2383 c.c.), ma cessa la stessa amministrazione finalizzata a scopi imprenditoriali, perseguendo la società in liquidazione obiettivi di mera conservazione dell'integrità del patrimonio sociale per il pagamento dei debiti e la distribuzione dell'attivo residuo, senza svolgere attività di lucro.

La revoca in senso tecnico dell'amministratore (art. 2383 c.c.) - non la liquidazione - postula la mera sostituzione dei titolari delle cariche, con successivo subentro dei nuovi amministratori.

Per tale essenziale diversità delle due fattispecie, la liquidazione non dà luogo ad una revoca (tacita o implicita) dell'amministratore riconducibile al disposto dell'art. 2383 c.c., comma 3, né appaiono ammissibili pretese risarcitorie neppure se il mandato gestorio venga meno prima della sua naturale scadenza.

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