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Pillola n.291 del 17 ottobre 2024

Pillola a cura dell'Avvocato Emilio Costarella

Il tenore e le implicazioni del comma 5-ter aggiunto, così prevedendo una nuova causa di non punibilità, all’art. 6 del d.lgs n.472/1997 non hanno probabilmente assorbito la meritata attenzione. Secondo la lettera della disposizione “Non è punibile il contribuente che si adegua alle indicazioni rese dall'amministrazione competente con i documenti di prassi riconducibili alle tipologie di cui all'articolo 10-sexies, comma 1, lettere a) e b), della legge 27 luglio 2000, n. 212, provvedendo, entro i successivi sessanta giorni dalla data di pubblicazione delle stesse, alla presentazione della dichiarazione integrativa e al versamento dell'imposta dovuta, sempreché la violazione sia dipesa da obiettive condizioni d'incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione della norma tributaria”.
Chi negli ultimi anni ha avuto occasione di frequentare le Corti di giustizia tributaria in rappresentanza dei contribuenti avrà certamente assistito, con reazioni mediamente accostabili a sensazioni di frustrazione, alla tendenza, sempre più marcata, degli organi giudicanti ad appiattirsi sulle interpretazioni di prassi conferendo ai relativi documenti un valore tale da mettere in dubbio l’effettività del principio di gerarchia delle fonti tanto caro a chiunque possieda minimi rudimenti di diritto costituzionale. Questo capita in tutti i casi in cui, a fronte di un dubbio interpretativo, l’attività ermeneutica dell’Agenzia delle Entrate viene eretta su un piedistallo e raggiunge picchi davvero insopportabili quando la stessa attività travalica ogni limite profondendo sforzi di integrazione normativa.
Fin quando sono gli organi giurisdizionali ad operare in tal senso – cioè ad attribuire troppo peso a quella che è, a tutti gli effetti, solo uno dei due o più attori del procedimento amministrativo - la percezione dell’operatore è che ci siano ancora margini di azione. Quando però è lo stesso legislatore a porgere i propri ossequi alle interpretazioni di matrice amministrativa il punto di non ritorno è raggiunto a tutti gli effetti ed il senso di disfatta è insopprimibile. Di questo si tratta: dalla lettura della citata disposizione emerge chiaramente come il legislatore conduca ad un livello che sarebbe proprio solo di fonti normative – o, al più, dell’attività ermeneutica della Cassazione - i documenti di prassi configurando una causa di non punibilità per chi si adegui a questi ultimi.
Viste le circostanze, un nuovo dubbio amletico emerge: la rivoluzione copernicana nell’assetto della gerarchia delle fonti non dà certezza se il livellamento sul piano delle fonti normative avvenga verso l’alto o verso il basso

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