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Pillola n. 61 del 29 settembre 2020

Con l’ordinanza n. 20052 depositata il 24.9.2020 la Suprema Corte di Cassazione ha chiarito che i versamenti in denaro fatti a titolo di finanziamento soci ai quali gli stessi abbiano successivamente rinunciato non possono essere considerati sopravvenienze attive per la società ai sensi dell’art. 88, comma 1, TUIR ma ricadono nel comma 4 del medesimo articolo che, nella versione applicabile ratione temporis, stabilisce che non si considerano sopravvenienze attive i versamenti in denaro o in natura fatti a fondo perduto o in conto capitale alle società dai propri soci e la rinuncia dei soci ai crediti.

A parere dei Giudici di legittimità la rinuncia al finanziamento da parte di un socio non genera una ripresa reddituale, ma ha solo evidenza patrimoniale, atteso che la liberazione della società dall'obbligo di restituzione del finanziamento per effetto di rinuncia del socio a tale credito produce per la società lo stesso effetto dell’apporto di capitale, non diversamente da un conferimento atipico, salvaguardando l'apporto patrimoniale senza una immediata ricaduta reddituale. Difatti, poiché vi è coincidenza di interessi tra socio e società ai fini della sua patrimonializzazione, tale apporto non costituisce reddito di impresa; diversamente avverrebbe nel caso in cui la remissione del debito provenisse da un terzo.

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